“L'avvocato Ciocchéggiusto”: Guida alla lettura
Il libro riprende il racconto a puntate pubblicato a partire dal settembre 2011 sul settimanale: “L'indipendente Lucano” e dedicato alle gesta giudiziarie e, soprattutto, extragiudiziarie di un avvocato immaginario in cui non è difficile scorgere una figura reale, anzi tante figure realmente esistite.
Diversamente dallo spirito della collana “A ruba”, in questo volumetto non sono riportati nomi e dati di politici, magistrati, avvocati e “quisque de populo” e, nemmeno, risultanze di indagini giornalistiche puntigliose e fastidiose. Non si tratta di un cambio di rotta e, paradossalmente, nemmeno di un cambio di genere letterario.
L'autore ha ritenuto opportuno fornire elementi ulteriori e più approfonditi di lettura delle inchieste già pubblicate nel corso di 12 anni di attività giornalistica e, soprattutto, elementi per comprendere come sia potuto accadere che un giornalista d'inchiesta sia stato costretto a seguire (da indagato o parte offesa) più di 480 procedimenti giudiziari ed 80 procedimenti disciplinari a carico di magistrati; tutto in soli dieci anni.
Dei tanti avvocati “Ciocchéggiusto” che si riconosceranno in questi racconti o che verranno riconosciuti dai lettori, ve n'è qualcuno che ha avuto un ruolo determinante nel perseguire la libertà d'informazione e coloro che hanno avuto l'ardire di scrivere delle sue gesta vere, con linguaggio continente e per fatti di pubblico interesse, senza chieder permessi e senza tributar sottomissione servile.
Questi racconti vogliono essere una testimonianza dei meccanismi mentali e pettegoli tipici delle città di provincia e delle personalità malate d'infantilismo che le popolano ma, ancor più, un monito per quel codazzo di professionisti, magistrati e codardi di ogni estrazione che all'avvocato Ciocchéggiusto tengono bordone; alzando la voce quando si sentono protetti dal branco e abbassando lo sguardo quando t'incontrano da soli.
Non è difficile immaginare cosa pensino quando le trame sono sconfitte e la giustizia trionfa. Loro, che hanno rinunciato per principio e difenderla, preferendo offenderla per poterne abusare e gli altri, i peggiori, quelli che sono stati a guardare, quelli che... danno la colpa a Lucia:
“È un gran dire che tanto i santi come i birboni gli abbiano a aver l’argento vivo addosso, e non si contentino d’esser sempre in moto loro, ma voglian tirare in ballo, se potessero, tutto il genere umano; e che i piú faccendoni mi devan proprio venire a cercar me, che non cerco nessuno, e tirarmi per i capelli ne’ loro affari: io che non chiedo altro che d’esser lasciato vivere! ...Ci vuol tanto a fare il galantuomo tutta la vita, com’ho fatt’io? ...Un pochino di flemma, un pochino di prudenza, un pochino di carità, mi pare che possa stare anche con la santità ... E poi, se è cosí convertito, se è diventato un santo padre, che bisogno c’era di me? Oh che caos! Basta; voglia il cielo che la sia cosí: sarà stato un incomodo grosso, ma pazienza! Sarò contento anche per quella povera Lucia: anche lei deve averla scampata grossa; sa il cielo cos’ha patito: la compatisco; ma è nata per la mia rovina ...” (A. Manzoni - Cap. 23 – Promessi Sposi)
di Mattìa Solvéri (alias Nicola Piccenna)
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